venerdì 18 marzo 2011

Abbiamo vinto!!!

Crocefisso in aule, Italia assolta
Vinta la battaglia a Strasburgo con l'assoluzuie dall'accusa di violazione dei diritti umani


STRASBURGO - L'Italia ha vinto la sua battaglia a Strasburgo: la Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo l'ha assolta dall'accusa di violazione dei diritti umani per l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche.

La decisione della Corte è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari. I giudici hanno accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dell'esposizione del crocefisso nella aule scolastiche.

SODDISFAZIONE S.SEDE,SENTENZA CHE FA STORIA - La Santa Sede esprime ''soddisfazione'' per la sentenza della Corte Europea sulla esposizione del crocifisso nelle scuole. Si tratta, afferma il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi in una dichiarazione scritta, di una sentenza ''assai impegnativa e che fa storia''

Ansa 16 marzo 2011

domenica 29 novembre 2009

100000 membri!

Abbiamo raggiunto quota 100000 un grande risultato che lascia ben sperare.
Difendere la nostra identità, la nostra cultura, la nostra tradizione ecco la volontà di 100000 utenti che si sono ritrovati su facebook per dire con voce forte: Sì al crocifisso nelle scuole!

lunedì 16 novembre 2009

"Una terra ha una storia ed una cultura, che è legata a simboli, anche religiosi."

Il pronunciamento della Corte dei diritti umani di Strasburgo non protegge e non tutela un diritto umano di libertà. Afferma invece un diritto di prevaricazione. La maggioranza non ha più il diritto di fruire dello spazio pubblico esponendo in esso i propri simboli religiosi e culturali. Io capirei bene che si difendesse il diritto delle minoranze a potere anche esse fruire di una visibilità pubblica; non capisco questo diritto di proibire, di vietare, di opprimere le maggioranze. Se in una scuola un simbolo religioso debba essere esposto o no, è questione che deve decidere quella scuola o quel distretto scolastico o al massimo quello Stato nel quale la scuola si trova, e come debba essere regolamentata la presenza negli spazi pubblici di altre identità culturali e religiose, è questione che va risolta con buon senso all’interno di ogni specifico contesto.
Qui la Corte dei diritti umani è chiaramente fuori dal suo ambito di competenza. Dell’arredo delle aule scolastiche decide lo Stato, il Comune, il consiglio scolastico, il consiglio di classe, ma non la Corte dei diritti umani.
E’ sbagliata anche la concezione culturale che fa da base a questo pronunciamento. Una terra ha una storia ed una cultura, che è legata a simboli, anche religiosi. Chi viene da fuori questi simboli deve rispettarli, può giustamente chiedere il rispetto per la propria identità e per i propri simboli, ma non può pretendere che la esposizione dei simboli della maggioranza violi i suoi diritti.
Provate a ragionare applicando rigorosamente questo principio: sarebbe offensivo insegnare nelle scuole più ampiamente la storia dell’Italia e dell’Europa piuttosto che quella dell’Africa, perché chi viene dall’Africa potrebbe sentirti ingiustamente discriminato. Sarebbe inaccettabile trattare più diffusamente, nella storia dell’arte, di San Pietro piuttosto che del Taj Mahal, perché chi viene dall’India potrebbe sentirsi ingiustamente discriminato. Sarebbe sbagliato privilegiare nelle mense scolastiche gli spaghetti sul cous-cous perché chi viene dal Nord Africa potrebbe sentirsi ingiustamente discriminato.
Il risultato sarebbe un vuoto, un vuoto di cultura, un vuoto di tradizioni, un vuoto d identità. Ma forse i giudici di Strasburgo non vogliono applicare con coerenza il principio, si accontentano di colpire la religione cristiana e questo sarebbe ancora più inaccettabile. Forse non si rendono conto di mettere armi nelle mani di tutti i nemici dell’Europa che dicono che quest’Europa è il tradimento della nostra cultura, della nostra storia e delle nostre tradizioni. I cristiani sono stati il sostegno più grande della costruzione europea. Sia i grandi leader che la hanno cominciata, che anche molti di quelli che hanno continuato la loro opera, sarebbero indignati come noi davanti a questa faziosità anticristiana. Speriamo che presto il giudizio di appello cancelli questa sciagurata sentenza.

Rocco Buttiglione

sabato 7 novembre 2009

Non togliete quel Crocifisso!

Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea di uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente. La ricoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. O vogliamo smettere di dire così?
Il crocifisso è simbolo del dolore umano. La corona di spine, i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.
Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. Chi è ateo cancella l’idea di Dio, ma conserva l’idea del prossimo.
Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. E’ vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei, neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà tra gli uomini.
Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Alcune parole di Cristo le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente.
Ha detto “ama il prossimo come te stesso”. Erano parole già scritte nell’Antico Testamento, ma sono diventate il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto.
Il crocifisso fa parte della storia del mondo.

Natalia Ginzburg (da “LUnità”, 22 marzo 1988).

Riceviamo e pubblichiamo...

Il Crocifisso è la testimonianza di un Amore incommensurabile che si è lasciato inchiodare ad un legno, per ridarci la vita e darcela in abbondanza. L'Uomo Crocifisso è il segno dell’amore infinito ed unico verso l’umanità ferita e disperata, ma anche della crudeltà, della cattiveria, dell’invidia del mondo. - Egli è segno di contraddizione: Amore incarnato, non ha preferenze, ama il peccatore detesta il peccato. Chi lo nega, lo rifiuta, lo tradisce, si vergogna di lui è libero di farlo ma dovrà, prima o poi, dare spiegazioni della sua scelta. Al termine dei nostri giorni terreni, Giudice sarà il Crocifisso. Ricordiamo come il Padre ha tanto amato gli uomini da inviare il suo Figlio unigenito per riscattarli col suo Sangue e liberarli dalla schiavitù di satana. Dio, non costringe a seguirlo, lascia liberi: indica la strada, aprendo le braccia dal legno del suo supplizio per accogliere e perdonare…
Mi chiedo: i soloni di Strasburgo, hanno considerato come il loro insensato provvedimento opera di fatto, ingiustizia nei confronti di milioni di credenti a cui sarà tolto il segno delle loro radici cristiane?
La storia si ripete al contrario nell’eco di antiche parole: “Non è meglio che vengano calpestati i diritti di molti, piuttosto che i presunti di uno solo?” Questa sentenza è stata volutamente emessa, per odio anticristiano, usando quale pretesto, il ricorso della Signora di origine finlandese, come, a suo tempo, fu usato il caso di Eluana Englaro. L’appello ai ‘diritti umani’ è una delle più strampalate scuse, in quanto non c’è nessuna violazione dei diritti umani. Siamo italiani, abbiamo le nostre leggi; chi viene da noi si adegui e rispetti i nostri costumi, tradizioni e fede che esiste da duemila anni. Se non si trova a suo agio, è libero di andare altrove.
Cattolici, svegliamoci e domani usciamo di casa con il nostro Gesù Crocifisso al collo, senza ostentazione o ripicche, ma con dignità e fermezza a testimoniare il nostro unico credo cattolico, apostolico, romano. E’ giunta l’ora di farci sentire e sfoderare la spada dell’adesione decisa e ferma alla Persona di Gesù. Chi sta con Gesù, rema controcorrente: non illudiamoci. Egli fu giudicato da magistrati iniqui; venduto per 30 denari, oggi (rivalutati) per 5000 euro, domani chissà… fino alla fine dei tempi, quando tornerà reggendo lo scettro della sua vittoria: la Croce.
Intanto sia di monito: dove noi cristiani lasciamo il vuoto con la nostra incoerenza, altri lo colmeranno!.
Jacqueline Masi Lanteri


Pubblichiamo inoltre, in via del tutto eccezionale data la chiara posizione di questo blog, un messaggio contrario alla nostra idea, facciamo ciò per sentire le motivazioni che potrebbero, a loro dire, in qualche modo legittimare la rimozione del Crocifisso.
Ricordo che per intervenire bisogna inviare un'email a sialcrocifisso@gmail.com con oggetto: intervento blog. I migliori messaggi saranno poi pubblicati.

L'Italia vuole fare il Paese multietnico. Vuole che gli stranieri si integrino e rispettino le leggi italiane, crea spot con un pizzaiolo egiziano "napoletanizzato" che dichiara che «Nisciuno nasce imparato» ma mantiene un simbolo non comune a tutta la popolazione in luoghi pubblici.
Io sono totalmente a favore della sentenza della Corte di Strasburgo. Anzitutto, ricordiamoci sempre che l'Italia è uno Stato laico, dove la maggioranza è rappresentata dai Cristiani. Secondo me, esibire il crocifisso nelle aule è una mancanza di rispetto verso chi la pensa diversamente dalla minoranza. Gesù non avrebbe mai schiacciato la minoranza, non l'avrebbe mai offesa, non le avrebbe mai imposto una credenza.
Pensate a un ragazzino di un'altra religione, che frequenta la prima elementare ed è facilmente influenzabile. I genitori provano ad imporgli una certa educazione religiosa, mentre la scuola gliene impone un'altra, esibendo il crocifisso. Questo è da evitare. Io dico NO al crocifisso nelle aule.
Andrea Antoccia

venerdì 6 novembre 2009

Partecipiamo ai sondaggi!

Invito tutti a partecipare ai vari sondaggi che giornali, enti e siti web stanno raccogliendo. Vi segnalo una serie di link:

http://forum.tiscali.it/attualita/2840-la-corte-di-strasburgo-allitalia-niente-crocefissi-nelle-classi.html
http://www.ilmattino.it/sondaggio.php?id=614
http://www.blunotizie.it/2009/sondaggio-togliere-il-crocifisso-dalle-aule-scolastiche/
http://sondaggi.iltempo.ilsole24ore.com/

Importante: http://temi.repubblica.it/repubblica-sondaggio/?pollId=1720
http://www.lastampa.it/sondaggi/cmsVota.asp?IDsondaggio=1370#

giovedì 5 novembre 2009

20.02.06 - Consiglio di Stato: il crocifisso esprime l'elevato fondamento dei valori civili

Con una lunga e argomentata pronuncia il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla legittimità della esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, disposto dalle autorità competenti in esecuzione di norme regolamentari.

Diversi sono i passaggi della Decisione che meritano particolare attenzione.

I Giudici del Consiglio di Stato si soffermano sulle diverse accezioni del principio di laicità, a seconda dell'ordinamento in considerazione: "non v'è dubbio che in un modo vada inteso ed opera quel principio nell'ordinamento inglese, laico, benché strettamente avvinto alla chiesa anglicana, nel quale è consentito al legislatore secolare dettare norme in materie interne alla chiesa stessa (esempio relativamente recente è dato dalla legge sul sacerdozio femminile); in altro modo nell'ordinamento francese, per il quale la laicità, costituzionalmente sancita (art. 2 Cost. del 1958), rappresenta una finalità che lo Stato potrà perseguire, e di fatto ha perseguito, anche con mortificazione dell'autonomia organizzativa delle confessioni (lois Combes) e della libera espressione individuale della fede religiosa (legge sull'ostensione dei simboli religiosi); in altro modo ancora nell'ordinamento federale degli Stati Uniti d'America, nel quale la pur rigorosa separazione fra lo Stato e le confessioni religiose, imposta dal I emendamento alla Costituzione federale, non impedisce un diffuso pietismo nella società civile, ispirato alla tradizione religiosa dei Padri pellegrini, che si esplica in molteplici forme anche istituzionali (da un'esplicita attestazione di fede religiosa contenuta nella carta moneta - in God we trust -, al largo sostegno tributario assicurato agli aiuti economici elargiti alle strutture confessionali ed alle loro attività assistenziali, sociali, educative, nell'orizzonte liberal privatistico tipico della società americana); in altro modo, infine, nell'ordinamento italiano, in cui quel simbolo linguistico serve ad indicare reciproca autonomia fra ordine temporale e ordine spirituale e conseguente interdizione per lo Stato di entrare nelle faccende interne delle confessioni religiose (artt. 7 e 8 Cost.); tutela dei diritti fondamentali della persona (art. 2), indipendentemente da quanto disposto dalla religione di appartenenza; uguaglianza giuridica fra tutti i cittadini, irrilevante essendo a tal fine la loro diversa fede religiosa (art. 3); rispetto della libertà delle confessioni di organizzarsi autonomamente secondo i propri statuti purché non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano (art. 8, 2° co.), e per tutti, e non solo per i cittadini, tutela della libertà in materia religiosa, e cioè di credere, non credere, di manifestare in pubblico o in privato la loro fede, di esercitarne il culto (art. 19); divieto, infine, di discriminare gli enti confessionali a motivo della loro ecclesiasticità e del fine di religione o di culto perseguito (art. 20). Dalle norme costituzionali italiane richiamate dalla Corte per delineare la laicità propria dello Stato si evince, inoltre, un atteggiamento di favore nei confronti del fenomeno religioso e delle confessioni che lo propugnano, avendo la Costituzione posto rilevanti limiti alla libera esplicazione della attività legislativa dello Stato in materia di rapporti con le confessioni religiose; attività che potrà praticarsi ordinariamente soltanto in forma concordata sia con la religione di maggioranza sia con le altre confessioni religiose (art. 7, 2° co., e art. 8, 3° co.)".

Tutto ciò per concludere che: "la laicità, benché presupponga e richieda ovunque la distinzione fra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti nel tempo e uniformi nei diversi Paesi, ma, pur all'interno di una medesima “civiltà”, è relativa alla specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi essenzialmente storica, legata com'è al divenire di questa organizzazione (in modo diverso, ad esempio, dovendo essere intesa la laicità in Italia con riferimento allo Stato risorgimentale, ove, nonostante la confessionalità di principio dello stesso, proclamata dallo Statuto fondamentale del Regno, furono consentite discriminazioni restrittive in danno degli enti ecclesiastici, e con riferimento allo Stato odierno, sorto dalla Costituzione repubblicana, ed ormai non più confessionale, ove però quelle discriminazioni non potrebbero aversi)".

E ancora: "È evidente che il crocifisso è esso stesso un simbolo che può assumere diversi significati e servire per intenti diversi; innanzitutto per il luogo ove è posto. In un luogo di culto il crocifisso è propriamente ed esclusivamente un “simbolo religioso”, in quanto mira a sollecitare l'adesione riverente verso il fondatore della religione cristiana. In una sede non religiosa, come la scuola, destinata all'educazione dei giovani, il crocifisso potrà ancora rivestire per i credenti i suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata ed assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo) valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile. In tal senso il crocifisso potrà svolgere, anche in un orizzonte “laico”, diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni".

Ed ecco il cardine della pronuncia: "in Italia, il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l'origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana. Questi valori, che hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della nostra Carta costituzionale, accolte tra i “Principi fondamentali” e la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la laicità propria dello Stato italiano.

Il richiamo, attraverso il crocifisso, dell'origine religiosa di tali valori e della loro piena e radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani, serve dunque a porre in evidenza la loro trascendente fondazione, senza mettere in discussione, anzi ribadendo, l'autonomia (non la contrapposizione, sottesa a una interpretazione ideologica della laicità che non trova riscontro alcuno nella nostra Carta fondamentale) dell'ordine temporale rispetto all'ordine spirituale, e senza sminuire la loro specifica “laicità”, confacente al contesto culturale fatto proprio e manifestato dall'ordinamento fondamentale dello Stato italiano".

In conclusione: "si deve pensare al crocifisso come ad un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato. Nel contesto culturale italiano, appare difficile trovare un altro simbolo, in verità, che si presti, più di esso, a farlo".

(Consiglio di Stato - Sezione Sesta Giurisdizionale, Sentenza 13 febbraio 2006, n.556).

tratto da http://www.filodiritto.com/index.php?azione=archivionews&idnotizia=158